Che infatti, non ho ancora spiegato perché questa mail si chiama ‘hapax’. Perché, come quasi tutto ciò che ci riguarda, è unica e irripetibile. Tutto ciò che riguarda noi intesi come individui. Banale finché volete ma:
è possibile che due persone abbiano lo stesso genoma?
No, non è possibile che due persone abbiano lo stesso genoma. Il genoma di ogni individuo è unico e non può essere esattamente replicato. Anche due persone con la stessa combinazione di geni ereditari hanno una variazione leggermente diversa dei loro geni. Questo è dovuto al processo di ricombinazione genetica che si verifica durante la formazione degli spermatozoi e degli ovuli. Di conseguenza, due persone possono avere una combinazione di geni simile, ma non identica (indovinate qual è la fonte).
Tra le occorrenze irripetibili quindi ci sono anche io (l’altro giorno uno presentandomi a un altro, fa: “lui si occupa di neologismi. Anzi, è un neologismo”. Grazie). Dicevamo, perché hapax. Reminiscenza da liceale (su cui poi torneremo): “dal greco ἅπαξ λεγόμενον (hápax legómenon, "detto una volta sola") è una forma linguistica (parola o espressione) che compare una sola volta nell'ambito di un testo, di un autore o dell'intero sistema letterario di una lingua” (fonte).
Comunque, ieri è stata una giornata all’insegna della montagna - come spesso accade a chi si interessa alla montagna, vissuta in pianura. Sì, perché la montagna è un po’ la quintessenza di tutti i grandi ‘vorrei ma non posso’: la guardi, ti attira, vorresti, ti fa paura, ne fuggi, ritenti, e te ne stai nella tua comfort zone. Ma lei sta lì a ricordarti di tutte le sfide che là fuori ti attenderebbero mentre tu stai sul divano. Ed è proprio in questo dialogo, in questa conversazione fatta di frustrazione, forza di volontà o viceversa di apatia, abulia, inerzia, indolenza, indifferenza, svogliatezza che si può sintetizzare il processo evolutivo.
È stata la settimana delle polarità: Attivo e Passivo, Maschile e Femminile, Giù e Su, On e Off, Destro e Sinistro. Vacanza e lavoro. Un inizio in cui almeno io, non so voi, ho faticato parecchio a rimettermi in pista. Un framework (qui spiegato benissimo dal suo teorico) utilissimo per guidare il cambiamento nelle e con le organizzazioni, utile per visualizzare ed esplicitare la insopprimibile compresenza delle antinomie in ogni sistema (individuale o organizzativo).
Tutto questo polarizzare mi ha fatto pensare alla vicenda dei Papi. Che, per forse l’unica e irripetibile volta nella storia (ancora, un altro hapax) hanno convissuto, incarnando di fatto due polarità. Chi infatti si è attardato a osservare le ovvie e tautologiche differenze tra i due in termini di stile, storia, prospettiva, non mi pare abbia più di tanto notato come, in chiave istituzionale/organizzativa, questa ‘strana coppia’, finché è durata, ha mostrato la natura sistemica e osmotica, per così dire, della sua natura costitutiva: l’uno conservatore, l’altro progressista. All’interno del sistema-organizzazione solo la sintesi continua tra le due polarità produce la tenuta, evitando viceversa che prevalga l’una delle due parti (producendo quella che comunemente viene definita ‘polarizzazione’).
Vabbè, scusate il bias, ultimamente ho letto un po’ troppo Il Foglio, che si sa è un covo di papisti e atei-devoti impenitenti neocon. Hanno anche dei difetti.
Dicevamo della montagna. Alla mattina ho partecipato alla presentazione di questo progetto che in sostanza finanziarizza il rapporto tra montagna e pianura/città, consentendo l’acquisto di ‘crediti di sostenibilità’, il cui valore considera quanto vale, in termini monetizzati in valuta corrente, un ettaro di bosco la cui manutenzione corretta produce quelli che in gergo economico-ambientale vengono definiti ‘servizi ecosistemici “the direct and indirect contributions of ecosystems to human well-being” (fonte). In questa presentazione di qualche anno fa avevo iniziato a prospettare come potere applicare il principio del ‘pagamento dei servizi ecosistemici’ alle mie amate ‘aree interne’ [ma secondo voi c’è ancora hype sulle aree interne? ne parliamo? durante le vacanze natalizie ho divorato il libro di Anna Rizzo e non mi sono ancora ripreso].
L’acquisto (possibile da qua) di fatto stabilisce una relazione diretta (basata sul trasferimento finanziario di risorse) tra la montagna e la pianura, contribuendo molto più di tante belle parole a ricomporre la polarità.
Poi vabbè alla fine ho visto il film di cui tutti parlano. Il libro l’ho letto quando è uscito, e da allora fa bella mostra di se nella mini-libreria del bagno (nessuna allusione). Non so se mi è piaciuto, non funziona quasi mai il confronto tra parola scritta e immagine-movimento (come definiva il cinema Gilles Deleuze). Ma una cosa l’ho capita (una cosa da cinefilo, diciamo, non molto nel merito, giacché il merito mi è parso un tantino diciamo ‘divulgativo’): il drone ha rotto i maroni. E mi pare un grande apologo della banalizzazione della conoscenza (e dell’arte), prodotta a mezzo di appiattimento dei mezzi di produzione. Guardate le scene in ambiente (il 70% del film e ditemi se non è stucchevole).
LE OTTO MONTAGNE (ne parlavano più quando l’avevo scritto...)
Scusa ma quale è il film di cui tutti parlano?